Open Stage

Open Stage

Kyle Thompson

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OPEN STAGE

 

Open Stage (2017-18) è una nuova serie di opere e una mostra. In questi nuovi scatti Thompson mostra allo spettatore il contesto delle sue fotografie. A tal fine considera il luogo della rappresentazione come ‘il palcoscenico’ dello scatto. Ne risulta uno zoom out straniante, che mostra il contesto reale delle sue più note rappresentazioni con chiarezza.

 

Le opere sono allora create in coppia per raggiungere questo scopo. Mentre il primo scatto del dittico è un autoritratto messo in scena, il secondo – molto più piccolo – ne mostra l’ambientazione, e così rivela l’illusione della messa in scena del primo scatto. Come è evidente nella mostra, ancora Thompson ha compiuto una scelta coraggiosa: la conoscenza del contesto reale, lo si voglia definire backstage o meno, potrebbe fermare la magia, la sospensione dell’incredulità. Certamente procedimento rischioso, ma da cui allo stesso tempo scaturisce la possibilità per lo spettatore di accedere a e visualizzare parte della ricerca e degli interessi dell’artista, che non sono così noti. L’idea di questa serie non è infatti solo di mettere in luce l’aspetto finzionale degli scatti, che è evidente, ma soprattutto di esplorare i legami fra ambiente umano e natura nella sua America nativa. Thompson afferma: “Quando vivo nell’ambiente urbano mi trovo spesso a cercare scampoli di natura nella città perché il mio lavoro possa vedere la luce”. Ma come sono connessi questi ‘scampoli di natura’ con gli ambienti urbani circostanti? La riflessione va molto oltre le dicotomie, abusate e ormai cliché, città contro campagna o natura contro cultura. Al contrario l’opera intende esplorare come questi poli siano in dialogo fra loro, e come la natura cerchi di ‘resistere’ anche se circondata da vaste aree urbane e industriali.

 

C’è naturalmente una differenza fra la persistenza di aree naturali fra gli Stati Uniti e l’Europa, e in particolare fra gli Stati Uniti e l’Italia – ove è difficile trovare zone ancora naturali e non antropizzate. Su questo si concentra allora la ricerca di Thompson nella sua residenza artistica presso aA29 Art Project di Caserta, durante la quale l’artista approfondisce le specificità della relazione fra ambiente urbano e natura in Campania, relazione che si è storicamente sviluppata in maniera poco armoniosa: mentre incivilimento, urbanizzazione e pratica artistica sono spesso stati fuori dall’ordinario, come nel caso stesso della Reggia di Caserta o della magnifica architettura di Napoli o Salerno, in tempi recenti la regione ha subito la tremenda contaminazione delle sue terre fertili. Senza dubbio Thompson ha la possibilità di trovare ed esprimere il proprio punto di vista artistico su queste tensioni.

 

Tornando ai lavori in mostra e in questo catalogo, il concetto di questa serie è stato ispirato inizialmente dall’opera Overpass, una fotografia in cui è possibile vedere l’artista sdraiato in una pozzanghera. Si potrebbe pensare che ci sia una sorta di vuoto intorno al suo corpo, ma quando si guarda più attentamente si nota il riflesso dell’intorno nell’acqua, benché non chiaramente distinguibile. Osservando quindi in successione Overpass Stage, la ‘foto contesto’, si apprezza chiaramente che l’intorno di questo paesaggio bucolico consiste in realtà nel cemento e acciaio di un’autostrada. Adesso si può riconoscere l’autostrada dal suo riflesso sull’acqua: “Funziona come il pezzo mancante di un puzzle”, afferma l’artista. Se per lo spettatore spesso il pezzo mancante del puzzle viene immaginato come natura pura e selvaggia, in realtà si tratta talvolta del cortile di un edificio, come in Grave / Grave Stage o Greenhouse / Greenhouse Stage, o di uno spruzzo d’erba dietro a un parcheggio, come in Newspaper / Newspaper Stage. Mentre nella serie Ghost Town la natura sembra essersi presa la rivincita sui manufatti umani, in questa serie la situazione è capovolta: Thompson sembra essere riuscito a malapena a trovare dei piccoli spazi naturali nella vastità degli insediamenti urbani e industriali. Mostrando la co-crescita di natura e cultura e il loro vincersi reciproco, in Open Stage l’artista espande quest’idea. Un’idea già presente nel retroscena (o nel backstage?) dei suoi lavori precedenti, a cui, se posta in forma di domanda, l’artista potrebbe cercare senza fine di dar risposta.

 

L’osservazione della intera serie mette in luce che anche questo nuovo rischio che l’artista si è preso ha portato a un successo. Forse l’illusione è parzialmente spezzata, ma l’intera opera ne viene arricchita senza che il singolo lavoro perda della sua magia: lo spettatore rimane sempre affascinato dalla qualità onirica dell’immagine, e ogni foto valorizza con sapienza i dettagli; ma solo quando facciamo zoom out e le mettiamo in contesto, possiamo veramente completare il puzzle.

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