Caput Capitis I
Caput Capitis I
di Gabi Scardi
Palermo. Albeggia sulla Vucciria. Una giovane donna dai capelli scuri intraprende una lunga corsa. È Tiziana Pers. In ogni mano ha un secchio, in ogni secchio nuota un pesce. Raggiunge il molo della baia di Sant’Erasmo, e i due pesci vengono liberati in mare.
Le immagini hanno il sapore di un’allegoria. Invece è la realtà. L’azione si ripete per alcuni giorni. A tornare in mare sono, di volta in volta, un’occhiata, un polpo maiolino e un polpo fraiello, due ciccale di mare, un’anguilla, un pesce balestra, una mazzancolla e uno scampo reale.
Ogni volta la corsa è preceduta da una negoziazione per ottenere i pesci da un venditore del mercato. Questi decide quale animale cedere, e, in cambio, riceve un dipinto a olio della medesima altezza. Un contratto certifica gli estremi del patto, ed è destinato ad essere esposto insieme al dipinto.
Il rischio di fallimento, in questi interventi, è alto. Tra le varianti in campo c’è il fatto che si potrebbe non pervenire a un accordo. Anche la velocità è un fattore determinante: l’animale potrebbe non sopravvivere ai tre chilometri di tragitto.
L’intervento confluisce nel progetto Art_History che Tiziana Pers porta avanti da sempre, e di cui fanno parte altri salvataggi, imperniati anch’essi sullo scambio animale – opera.
Il video relativo al baratto e alla lunga corsa di Pers verso il mare è uno degli elementi centrali della mostra Caput Capitis. L’altro è costituito da una serie di dipinti raffiguranti gli animali salvati. Ognuno di essi è un vero e proprio ritratto, frutto di un’osservazione partecipe, di un flusso comunicativo; di un collegamento che avviene in nome di una nuova intimità, di una mutualità dello sguardo. Si tratta di un’intimità, di una mutualità rare, perché, fatta eccezione per casi di “affinità elettiva” o per la relazione che può legare la persona a un singolo “pet”, è raro che tra l’uomo e un altro animale si instauri un rapporto di reciprocità. è inusuale che un animale mantenga, agli occhi dell’uomo, un’individualità. Ancora più raro è che l’uomo voglia entrare, rispetto all’animale, in una comunicazione tanto intima, che implica un’interrogazione profonda su cosa sia l’uomo e cosa l’animale; su quali siano i limiti profondi dell’umanità.
Gli animali sono invece per lo più anonimi: espropriati di ogni singolarità e ridotti a specie, a categorie quali domestico, selvatico, esotico, da compagnia, da esperimento o da reddito; eventualmente ordinati tra forme “alte” e “basse” a seconda dell’utilità che rivestono, gli animali- non-umani sono invece assoggettati e considerati entità sfruttabili; oggetti da “trattare”; strumenti di profitto in un regime industrializzato.
Immergendosi negli occhi dei suoi soggetti, Pers fa dunque un passo radicale, da cui il rapporto uomo – animale ne esce profondamente modificato. Torna ad attribuire loro unicità e quindi spezza l’abitudine dominante che impedisce ogni comunicazione.
Per l’artista fare questo esercizio dello sguardo significa poter recuperare i sensi, che ne risultano potenziati, e il senso: il senso della vita; che non può essere così semplicemente delegittimata e destinata al consumo.
In questo progetto Pers si inserisce in un solco tracciato, nel tempo, da personalità diverse, da Tolstoj a John Berger; personalità che nel tempo hanno indagato il rapporto tra il trattamento che l’uomo infligge agli animali e il sistema capitalistico. Basti pensare, per esempio, all’insistenza con cui Tolstoj, nei suoi scritti, elabora il tema di una voracità che acceca e spinge a un consumo inconsulto.
A questo consumo, che trasformato in sistema vede negli animali un mero strumento di potere economico, fa riferimento Pers con il terzo elemento costitutivo della mostra: un cubo di metallo sulla cui superficie esterna sono serigrafate alcune pagine di un testo degli anni Venti in cui si
tratta delle cure necessarie per evitare lo spreco di capi di bestiame, e quindi preservare propri possessi e il capitale zootecnico della nazione. All’interno del cubo, occultati e visibili solo a chi si voglia chinare per guardarci dentro, si vedono alcuni ganci da macello: oggetti la cui brutalità scardina, con la sola presenza, l’ovvietà del familiare. E sintetizza il modo di intendere la vita che sta alla base del sistema in cui l’uomo vive; un modo della cui violenza, sorda ma pervasiva, tutti sono consapevoli; ma che si tende a silenziare e a sottacere per non confrontarsi con le proprie incresciose responsabilità. Questo è appunto il significato del titolo della mostra, Caput Capitis; che fa riferimento all’idea di capo di bestiame come unità di misura del benessere economico, e quindi al concetto di capitalismo; perché, come evidenzia l’artista stessa, la parola “capitalismo” deriva dal latino caput capitis, ovvero capo di bestiame; e oggi gli animali sono concepiti essenzialmente come elemento integrante della macroeconomia.
È chiaro che il ruolo che l’uomo attribuisce all’animale induce riflessioni teoriche di ampia portata su una serie di temi sociali e culturali: dall’estetica all’etica, dall’antropologia agli studi sociali.
Sono numerosi gli artisti che vedono nel rapporto uomo-animale un filtro privilegiato attraverso il quale indagare la società e le sue trasformazioni.
In alcuni di loro è anche viva una posizione critica, di dissenso. Alcuni, con le loro opere, desiderano influire sullo sguardo dell’uomo sugli animali della terra, fino a mettere in discussione i meccanismi del potere che sono alla base della relazione uomo animale.
Ma per Tiziana Pers la corsa a Palermo – come gli altri suoi interventi, compreso il metaprogetto Rave realizzato con la sorella Isabella – non sono solo modelli positivi, azioni dimostrative, volenterosi gesti di dissenso; che si tratti di una mucca o di un cavallo in procinto di essere macellati, o di un pesce già approdato sul banco del pescivendolo, l’artista è spinta da un impegno alto e imperioso; e la sua lucida determinazione non ammette cedimenti; perché in gioco c’è una vita vera e propria: grazie a ognuno dei suoi interventi il destino di un animale viene effettivamente rovesciato; la sua biografia cambia corso.
Non solo; la convinzione dell’artista è tale, tanto contagioso il suo impulso, che Pers riesce a coinvolgere persone altrimenti poco avvertite sul tema. È quanto successo a Palermo, dove chi, giorno dopo giorno, ha assistito ai suoi sforzi, ha potuto percepire la giustezza del suo agire, e credere, fosse solo per un breve momento, nella possibilità di un modo di vivere diverso.
L’interpretazione del rapporto uomo – animale di Pers è ampia; incapsula i temi del controllo, della prevaricazione, della violazione della dignità e della libertà e dell’altro, inteso anche in termini di sfruttamento e di nazionalismo. Ma soprattutto incapsula una riflessione sul ruolo e sul valore dell’arte; dalla quale è lecito pretendere molto; addirittura la possibilità di salvare una vita.