Caduta leggera e sorprendente ascesa

Caduta leggera e sorprendente ascesa

Caduta leggera e sorprendente ascesa

di Lara Gaeta

Se si volesse rappresentare in maniera sintetica e astratta la performance di Sasha Vinci “Il corpo elettrico” del 10 settembre 2021, ideata e realizzata insieme al musicista Vincent Migliorisi per la Sala dell’Ercole e del Toro Farnese del MANN, in occasione del finissage della sua mostra personale P.P.P. POSSIBILE POLITICA PUBBLICA (A Pier Paolo Pasolini), la si potrebbe dipingere semplicemente con due vettori di pari lunghezza, uno che sale e l’altro che scende.

 

La struttura bionica nera, che ricopre e trasfigura il corpo dell’artista, è allo stesso tempo pesantissima e leggera. Spinge il corpo verso il basso – anche se fatica e sofferenza sono  celate sul volto da una maschera geometrica – ma allo stesso tempo i due schermi, sorretti dall’artista durante il corso della performance, si dispiegano come ali, alludendo al volo, all’ascesa e alla necessità di spingersi oltre i limiti e confini del proprio corpo. Il riferimento intuitivo e immediato va a quelle figure mitologiche e alate, dèi e semidei che arricchiscono le collezioni dei musei archeologici quali il MANN.

 

I due vettori, che rappresentano due forze che spingono contemporaneamente verso l’alto e il basso l’artista, si ritrovano visualmente anche nei due schermi che trasmettono lo stesso video che scorre da un lato normalmente e dall’altro al reverse: una caduta leggera e posata, e poi un’ascesa, un levitare sorprendentemente innaturale di piume rosse, immerse in uno spazio bianco, nel vuoto.

 

Questi flussi d’energia, uguali e opposti, si completano nel “corpo elettrico”, che è un corpo di carne e di metallo, un corpo potenziato, che accoglie l’energia della corrente elettrica e di quella delle persone che lo circondano e che ne entrano in contatto in vario modo, in piena libertà. Le gestualità e i movimenti del pubblico verso il corpo dell’artista vengono ritmati dal suono acustico della chitarra di Vincent Migliorisi, che accompagna dal vivo l’azione performativa. In sottofondo, invece, si ascolta la voce registrata, modificata e distorta di Vinci che ripete insistentemente la frase tanto enigmatica quanto allusiva della prima opera in mostra, che accompagna come un’eco il visitatore lungo il percorso espositivo: “Ecco una terra non ancora colonizzata dal potere”.

 

Nella corporeità disorganica, amplificata e interrotta del “corpo elettrico” i sensi vengono impiegati in nuovo modo: alcuni acquisiscono un ruolo secondario, altri diventano invece delicatissimi e ultra fini. La vista è oscurata, il soggetto è cieco, ma ha le orecchie ben tese ai rumori esterni, le mani pronte a percepire il contatto e recepire le strette dell’altro, i piedi nudi e liberi, ben saldi a terra, sul suolo freddo. Il corpo freme, trema, vibra, soffre a causa del peso della struttura che sostiene. Lo stesso resiste, si rafforza, si carica grazie alle persone che interagiscono con esso e gli trasmettono energia.

 

Vinci sceglie, proprio in occasione del finissage della sua mostra personale al MANN, di recuperare e riflettere sul senso della frase simbolica che ha deciso di collocare all’inizio del percorso espositivo e che corre lungo il tappeto rosso. Lo fa in maniera non didascalica, ma attraverso una performance partecipativa dove è presente anche la musica, elemento fondamentale per interpretare e comprendere la sua ricerca. L’enigmatica “Terra non ancora colonizzata dal potere” del verso pasoliniano è dunque il corpo. Questo per il poeta rappresenta ancora una zona franca, un’area di sperimentazione libera. In qualche modo la frase porta a ripercorre, una ad una, le opere presenti in mostra che, oltre a recuperare simbologie di vario genere e provenienza – tra cui la simbologia musicale, essere opere site specific che dialogano con lo spazio museale e con la città di Napoli, e inserirsi nella ricerca dell’artista sul Multinaturalismo, sono innanzitutto lavori che parlano del corpo, che stravolgono e reinterpretano le modalità di percezione dello stesso e che invocano la sua emancipazione. Così, ne La Torre del Tempo, i corpi disegnati fluttuano sul foglio bianco, sono inconsistenti e impalpabili, ma si riferiscono a eventi di cronaca realmente accaduti o ritraggono persone care all’artista. Nel busto nero de Il Gioco della Deriva, invece, il corpo è trasformato, sta subendo un processo di metamorfosi dall’umano al vegetale che supera l’idea di identità del soggetto, qui non più riconoscibile. E, infine, nell’unica fotografia tra le opere di P.P.P. POSSIBILE POLITICA PUBBLICA è rappresentato un braccio nudo, teso verso l’alto, coperto da un innesto bianco e artificiale, una scultura in lattice realizzata dall’artista che ha la forma di un’ala. Il resto del corpo non si vede, ma lo si immagina. Il riferimento chiaro è al volo, all’atto di Icaro che sfida la gravità e fa ciò che il corpo umano, in condizioni di normalità, non è in grado di fare.

 

Il “corpo elettrico” è dunque un corpo esteso, un corpo non semplicemente naturale ma ibrido, che accoglie protesi e innesti eterogenei, sia naturali che artificiali, che mette in discussione il concetto d’identità, che si spinge oltre i limiti e le potenzialità fisiche umane e che è sottoposto a mutazioni. Una “Terra” libera e incorrotta che, nelle peculiarità ed eccezionalità descritte, non potrebbe esistere e resistere al peso e alla fatica senza la presenza e il sostegno dell’altro.

Top