La terra dei fiori. Note per una rinascita

Vinci / Galesi | La Terra dei Fiori / 2017 / Stampa fine art carta Hahnemuhle su dibon / 70x115 cm / Ph. Marcello Bocchieri

La terra dei fiori. Note per una rinascita

di Gabi Scardi

Il progetto La terra dei fiori del duo Sasha Vinci e Maria Grazia Galesi è una grande metafora. Una metafora che nasce da una necessità sentita, e che si innesta su modalità, contenuti e relazioni sedimentati nell’arco di anni. Il progetto si nutre di una serie di convergenze.

 

Coerentemente con l’impostazione performativa del lavoro di dei due artisti, l’aspetto scenico è fondamentale; il progetto prende anzitutto la forma di una coreografia articolata in più tempi: una sorta di rituale, e come ogni rituale, La terra dei fiori si nega a ogni univoca decodifica; vive in parte di una propria evidenza, ed esprime un’energia, una forza vitale, quasi magica. Ma non solo.

 

Tutto avviene in due aree: la cittadina siciliana di Scicli e il suo territorio, e la terra dei fuochi, in Campania. Anche se il riferimento è a una storia molto più grande. Vinci/Galesi si concentrano su luoghi connotati da una estrema teatralità. Tra questi compare l’antica Chiesa di San Matteo, la Mater Ecclesiae che splendidamente sovrasta Scicli dall’alto. Dopo un periodo di degrado l’edificio fu restaurato; solo per essere nuovamente abbandonato: una vicenda di incuria tristemente emblematica.

 

C’è inoltre la costa di Sampieri, sempre nei pressi di Scicli, con la sua magnifica spiaggia; una spiaggia che è gioia dei bagnanti, ma che ci appare ben più aspra se pensiamo che è anche punto di approdo di tanti migranti, e per alcuni di loro tragico fine-viaggio. E non è un caso che per la messa in scena della loro performance i due artisti abbiano scelto l’imbrunire: una decisione che conferisce alle immagini un effetto intimo, onirico, enigmatico; che contrasta però con il motivo della scelta; l’orario è quello dello spiaggiamento di tredici migranti avvenuto a Sampieri il 30 settembre 2013.

 

Infine la grandiosa Reggia di Caserta, sede della mostra e, in occasione dell’inaugurazione, della performance. Un edificio che si imponeva un tempo sulla fertile e splendida Campania felix. Oggi ai suoi piedi si stende il territorio devastato della terra dei fuochi; un’area la cui condizione è paradigmatica di un rapporto tra il territorio e i suoi abitanti basato sull’arroganza, sullo sfruttamento e sull’illegalità. Gli elementi fondamentali del progetto sono dedotti da un rituale tuttora in uso a Scicli: l’Infiorata di San Giuseppe; un rituale che Sasha Vinci e Maria Grazia Galesi sentono non solo nella dimensione esteriore, ma come modello attraverso il quale dare forma e significato alle relazioni interpersonali e al sentire collettivo. Perché il rito, come l’arte, è anche modalità di conoscenza, ricerca di senso, e ambito creativo in cui il singolo e la collettività si esprimono. Non solo; oltre a rispecchiare e sancire condizioni sociali, relazioni interpersonali e abitudini mentali, l’azione rituale parte dal presupposto che il rito possa contribuire attivamente a crearle.

 

L’azione di La terra dei fiori fa ricorso a simboli primari: i fiori, anzitutto, ricorrenti nel progetto sotto diverse forme. Con i fiori gli artisti creano una serie di poliedri, simboli antichi di equilibrio e di conoscenza, presenti sin dall’antichità nel pensiero occidentale; e realizzano due cappe con cui si coprono, fino a oscurare completamente le proprie singole personalità; così celati allo sguardo, cercano di instaurare una rinnovata relazione con il contesto. Con un terzo manto, infine, bardano lo stallone nero frisone, Eros, protagonista dell’Infiorata di Scicli.

 

I fiori sono da sempre simbolo di vita e di bellezza. Ma Vinci/Galesi hanno scelto di utilizzare crisantemini e gerbere: fiori che vengono coltivati intensivamente in entrambe le aree di riferimento del progetto, e che in Italia sono associati alla situazione del lutto. Il riferimento è dunque tanto alla morte e ai rituali che la accompagnano, quanto alla violenza delle logiche di un profitto cieco e ai suoi mortiferi effetti sull’ambiente. Ha un ruolo centrale nel progetto il cavallo, magnifico compagno della loro avventura, figura iconica e monumentale, espressione di fierezza, di forza vitale, di sensibilità; e simbolo di un necessario rapporto di rispetto tra l’uomo e le altre creature. Alla sua figura i due artisti affidano il momento culminante del loro intervento, con il corteo infiorato del cavallo e dei bardatori che avanza sul viale rettilineo, verso la scalinata della Reggia.

 

Vinci/Galesi hanno inoltre realizzato, in inchiostri naturali e pigmenti, una serie di disegni. E sempre manipolando con tecnica antica la terra, più precisamente la terra di Acerra, hanno dato forma ad alcuni mattoni che portano incisa la parola “Felix”.

 

Così, alle forze distruttive che sembrano essere riuscite ad impadronirsi dei comportamenti e dei pensieri e che hanno determinato la devastazione ambientale del territorio siciliano, di quello campano, e per estensione di molte aree del villaggio globale, gli artisti oppongono l’elemento costruttivo per eccellenza, il modulo di base di ogni edificare: il mattone; sul quale incidono la memoria – e la speranza – di un equilibrio possibile, avanzando così la nozione di un passato che fu diverso e di un possibile futuro. Alla mancanza di riguardo e al collasso morale che queste due aree d’Italia testimoniano, i due artisti rispondono contrapponendo la memoria collettiva e culturale trasmessa dalla sapienza artigianale e recuperando l’idea di relazioni basate sulla cura e sul rispetto. Del resto, già nel suo essere un progetto a quattro mani, La terra dei fiori porta con sé un senso di condivisione.

 

Nel lavoro emergono dunque le grandi dicotomie: natura e cultura, umano e animale, vita e morte, visibile e invisibile, rapporto con il proprio habitat, o sfruttamento. La terra dei fiori è un modo di confrontarsi con il tempo presente, calandosi nelle relazioni e nei rapporti di potere. Di parlare di valori, disvalori, di degrado e di una potenziale rinascita; è un modo di reagire all’arroganza opponendole la forza vitale, l’aspirazione, il desiderio.

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